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Sezioni: Educazione | Musica | Poesia | Scritture

Orecchio Acerbo

UNA RASSEGNA PER AFFINARE L’ASCOLTO DELLA MUSICA                   

PROGRAMMA:

Giovedì 24 febbraio

POP LIFE breve storia del Rock con MARCO GHIOTTO 

Una serata di ”non solo musica” che vi stupirà piacevolmente

Giovedì 3 marzo

MASSIMO ZAMBONI prove tecniche di resurrezione, musica,scrittura, immagine con MASSIMO ZAMBONI

Giovedì 10 marzo

IL CANTO DELL’ANGUANA con PATRIZIA LAQUIDARA, ENIO SARTORI

Ore 20.30  Sala Civica  Corte Priorato Gandin, San Vito di Leguzzano

ENTRATA LIBERA

Marco Ghiotto

giovedì 24 febbraio 2011 ore 20.30 
POP LIFE. BREVE STORIA DEL ROCK
con Marco Ghiotto

Dall’eccitante prima stagione del rock and roll alle ribellioni punk, un viaggio tra i testi delle canzoni che hanno segnato un’epoca. Gelati, scarpe blu, cieli di marmellata, sogni senza fine, luci al neon e, su tutto, l’amore come grande giustificazione e rimedio a crisi e alienazioni. Da Chuck Berry a Nick Drake passando per Beatles, Syd Barrett, Doors e Simon & Garfunkel: una cronistoria del romanzo del rock, un antidoto all’ascolto inconsapevole della musica contemporanea.

Marco Ghiotto, opinionista, critico musicale e scrittore. Nel 2003 ha pubblicato il suo primo libro “Pop Life. Breve storia del rock attraverso testi e tematiche” (ed. Mimesis). Per le edizioni Il Filo ha pubblicato nel 2006 la raccolta di poesie “L’ubriaco innamorato”.

Massimo Zamboni

giovedì 3 marzo 2011 ore 20.30
MASSIMO ZAMBONI. PROVE TECNICHE DI RESURREZIONE, MUSICA, SCRITTURA, IMMAGINE
con Massimo Zamboni
Massimiliano Zamboni (detto Massimo) (Reggio Emilia, 27 gennaio 1957) è un chitarrista, cantautore e scrittore italiano. È stato chitarrista e compositore dei CCCP e dei successivi CSI.
Da solista nel 2010 il nuovo CD “L’estinzione di un colloquio amoroso”. Nel 2004 ha pubblicato l’album Sorella sconfitta realizzato con Nada, Lalli, Fiamma Fumana e il soprano Marina Parente; seguito nel 2005 dal live L’apertura, insieme a Nada. Ha realizzato per il cinema diverse colonne sonore quali: Passano i soldati di Luca Gasparini, Benzina di Monica Stambrini, Velocità massima e L’orizzonte degli eventi di Daniele Vicari.
Ha pubblicato quattro libri, uno dei quali con Giovanni Lindo Ferretti: In Mongolia in retromarcia (Giunti Editore) nel 2000. Gli altri sono Emilia parabolica (Fandango) nel 2002, Il mio primo dopoguerra (Mondadori) nel 2005 e una nuova edizione di In Mongolia in retromarcia (NdA Press) nell’anno 2009.

Patrizia Laquidara

giovedì 10 marzo 2011 ore 20.30
IL CANTO DELL’ANGUANA
con Patrizia Laquidara, Enio Sartori

Il repertorio popolare, da qualunque nazione provenga, nasce dall’intersecarsi prepotente di storia, radici, cultura. Il dialetto dell’Alto Vicentino, quello con il quale si misura Patrizia Laquidara in “Il canto dell’Anguana”, è al pari degli altri una combinazione di ciò che è sempre esistito: l’uomo in quanto coagulo di paure, angosce, superstizioni, gioia, carità. Per entrare nel vivo della lingua, l’accesa sensibilità di Patrizia si fa punta di lancia o spillo minuscolo. Ed è una questione di equilibri gestiti con il cuore, perché a quest’artista manca l’appartenenza geografica (è nata a centinaia di chilometri di distanza dal Veneto) ma abbonda, per necessità abitative, la conoscenza indotta del repertorio. Così, chi decide di avvicinarsi alla musica del “luogo” d’origine deve impossessarsi di canoni secolari che l’interprete può reinventare e decodificare secondo il suo gusto personale. Ma senza sottrarsi all’osservazione dei Guardiani del Tempo: coloro che nell’Alto Vicentino ci sono nati e ci vivono.

Prima di cantare e raccontare, Patrizia si è arresa ed ha accettato “l’invasione” di ciò che non conosceva. Ha cercato, e ottenuto, il rispetto. Il fine di ogni artista dovrebbe essere questo: farsi testimone del “non luogo”, cioè di quella parte di mondo nella quale albergano tutti i mondi. In “Il Canto dell’Anguana”, accade che i vincoli dell’alveo della tradizione si liberino per generare quegli amplessi sonori che stanno alla base dell’incanto musicale e poetico. Ed è un parto sofferto del quale Patrizia -con la sua voce vestita a festa, guarnita di accentazioni particolari ed un entusiasmo liquido -vuole renderci partecipi senza stupide, contraddittorie e banali operazioni di modernità mixata. Qui, la musica popolare non è contorno ma sostanza e contenuto. Non è fatta per intrattenere, ma per educare. Conosco Patrizia da tanti anni, ed è una cantante che merita, tra i tanti punti a suo favore, anche per il solo fatto di perseguire con coraggio, e testa, progetti insoliti e complessi. La sua ricerca nasce da un’esigenza interiore. Non si dà alle stampe un disco di tale fattura, se non si è rivoltata la propria consapevolezza creativa con l’umiltà di chi pensa che il suo lavoro sia, prima di tutto, un arricchimento per se stesso. Così Patrizia non ha pensato al pubblico, ma all’Arte che pratica. Non al compiacimento commerciale ma a quello nobilitante della musica. “Il Canto dell’Anguana” le rende onore perché il sacrificio artistico che lo anima si avverte, indistintamente, in tutti gli undici Canti che lo compongono. E si è in presenza di un’opera vera e propria, nella quale la musicalità rotonda del dialetto permette di indagare l’Africa, i Balcani, il Sud (che sia d’Italia, o altro) e il Nord lungo la direttrice che dal Veneto conduce a Napoli e dal Mediterraneo all’Andalusia. Con forza di penetrazione ai massimi livelli.
Nella voce di Patrizia, e nelle musiche degli Hotel Rif, si ritrovano le spezie musicali di un pentagramma disegnato su di una carta geografica che non conosce confini, se non quelli dettati dalla volontà dei musicisti che continuano ad esporsi, avventurarsi e mettersi in discussione. Ed è forse per questo che “Il canto dell’Anguana” si presenta come un libro aperto, senza veri capitoli e con l’intenzione di tralasciare la parola “fine” dopo la chiusura affidata a “Il canto dei battipali”. Di questo disco si può dire di tutto – e solo positivamente – sino a riflettere sulla sua, voluta, “incompiutezza”. Si parte, ma non si conosce la vera destinazione. Si canta, ma le intonazioni moresche, i cori di “battaglia”, le ninna-nanne si fanno incisive, durature, inamovibili nella loro voglia di recuperare un passato che si confronta direttamente con il presente.
L’Anguana, la donna-serpente della tradizione popolare veneta, è frutto del Bene e del Male. E può esercitare entrambi soggiogando il prossimo, elargendo favori, colpendo al cuore insinuandosi tra le debolezze degli uomini. Il Bene e il Male sono facce della stessa medaglia, e con essi l’umanità deve misurarsi quotidianamente nel tentativo di valorizzare il primo e assottigliare il secondo. E’ una questione di vantaggi nella corsa della vita. Patrizia questo lo sa, perché nelle sue canzoni l’amore non è mai stato trattato con sufficienza. Se amore dev’essere, meglio parlare anche di quelle intercapedini nelle quali si muove – a volte, striscia – l’uomo. Qui non si tratta di conciliarsi con se stessi o con il prossimo, ma di dire ciò che é. La saggezza popolare, in questo caso, esercita una fascinazione prodigiosa grazie alla quale parlare con schiettezza della vita. Dei suo ingredienti che, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono né segreti e né banali. Solo, semplicemente, veri.
Un bagaglio generazionale di parole messe in note, di brevi resoconti delle proprie esperienze e, infine, di energica lotta nel campo della sopravvivenza. Non è un caso che Patrizia canti e declami, quasi queste poesiole di semplicità fossero un monito, un consiglio, un ragguaglio. Insomma: attenti all’Anguana!

Partecipanti alla rassegna: 270

laquidara-sartori

marco ghiotto

     

massimo zamboni e cristiano filippi farmar

   

il pubblico in sala

    

enio sartori e patrizia laquidara

     

massimo zamboni - reading

      

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